Non capita spesso di affondare il cucchiaio in un micropaesaggio fatto di crumble al cioccolato e nocciola, cioccolato declinato in versione mousse e gelato, cremoso al caffé, alga e salicornia, polvere di the macha, e in stagione arricchito di portulaca di mare e fiorellini di ravanello. In bocca si fondono dolcezza, salinità, sentori balsamici. E la mente corre a ricomporre visivamente quelle vaste estensioni di terre dense e scure come il cioccolato, argillose e limacciose, chiamate appunto barene, che si trovano nella laguna veneziana. Ora sono sommerse, ora emergono dalle acque, col loro corredo di velme e vegetazione alofila, la stessa che assaporiamo croccante o flessibile sotto i denti mescolata alla cremosità e alla freschezza. Riprodotto nel piatto scopriamo un gustoso terroir/milieu di biodiversità. E riflettiamo sull’importanza geografica e fisica di quelle timide e silenziose guardiane della sopravvivenza lagunare dove si rifugia l’avifauna e che danno il nome al dessert. Minacciate dall’uomo, dal moto ondoso delle imbarcazioni, esaltate ai tavoli del ristorante Local, da leggere nella versione anglosassone o meglio con l’accento sulla a. Perché qui è di casa il chilometro 0, ma in versione veneziana ;-)